Jupiter legacy: cosa avrebbe fatto Shakespeare se fosse stato super?


Torno dopo molto tempo a un consiglio di lettura. Per chi ha lo stomaco forte.
Sto parlando del primo volume di Jupiter's Legacy di Mark Millar e Frank Quitley. Non è un volume semplice da approcciare, non solo per le tinte fosche, le trame complesse, le critiche eloquenti intente a raccontare uno "star system" moderno (qui i supereroi sono paragonati a stelle cinematografiche) ma soprattutto per il tratto di Quitley che, come un moderno Michelangelo, fa sentire il peso di uomini e donne che fanno parte di una tipologia di opera che sembra ormai giunta al termine. I super eroi erano stati all'inizio della loro parabola letteraria il sogno fanciullesco ed in bianco o nero della realtà che per milioni di lettori aveva definito il modello stesso di avventura fantastica e giocosa. 

Gli anni '80 hanno contribuito a porre una pietra tombale su questa visione, grazie (o per colpa) dell'apocalittico lavoro dei due grandi geni Alan Moore e Frank Miller. In particolare il primo, da buon inglese, ha contribuito ad ammazzare qualsiasi velleità positiva nei confronti dell'ingenua idea di eroe senza macchia e paura con il suo potente e straniante Miracleman di recente ripubblicazione. Una sconvolgente versione del moderno superuomo, schiavo della solitudine generata dal suo stesso dominio sulla realtà, preda di turbe psichiche incontrollabili di freudiana memoria.


Jupiter's Legacy sembra aver voluto svolgere il compito di chiudere una grande parabola che in questi trent'anni ha portato importanti autori a sondare ogni possibile conseguenza di un ipotetico quanto improvviso arrivo di un miracolo supereroistico in una terra senza super. Millar rispedisce al mittente l'orribile violenza nicciana di Moore, fatta di un deterioramento entropico dell'uomo qualunque difronte alla perfezione in-umana degli esseri miracolosi creati dall'uomo stesso. Il grande autore inglese aveva eliminato volutamente una delle caratteristiche del divino, l'essere oltre il tempo, quindi non vincolato alla consunzione, e VERAMENTE superiore alle debolezze umane. Insomma, senza voler esagerare Alan Moore aveva proprio barato.
Millar pone il problema di uomini fra uomini con problemi contingenti e precari. Presenta un affresco credibile in cui la lezione del XX secolo dei totalitarismi è stata dimenticata, riproponendosi nel sogno ideologico dei super.
Quitley nelle prime tavole non riesce immediatamente a far percepire la sanità di taluni rispetto ad altri a causa del suo tratto tanto immersivo quanto straniante ma è anche vero che tutti i protagonisti all'inizio sembrano essere ormai appesantiti da un'assenza di reali e profonde motivazioni dell'agire eroico, privati dalla loro stessa forza di reali sfide ma anche da un sistema definito capitalistico che li porta a sfruttare meschinamente la propria immagine.

Negli anni passati tanti hanno guardato a Shakespeare per comprendere quali siano i pericoli di una caduta vertiginosa dalle altezze del potere e Millar sembra averne colto l'essenza descrivendola nel parricidio, nel complotto politico e nelle contrapposte gelosie che compromettono i lunghi rapporti dei protagonisti.
I soggetti dell'opera però non sono i vecchi. Questo è uno splendido e terrificante affresco sulle conseguenze delle decisioni dei padri sulle generazioni venture.
Nella seconda parte molti nodi vengono al pettine e le calunnie si smascherano, la violenza si incarna in un sistema totalitario incapace di porre vere soluzioni e l'illusione di un eden in terra si frantuma nel crescere della malapianta nata dall'omicidio. Allo stesso tempo Millar e Quitley riescono nell'impresa di mostrare la semplicità del bene, che si ri-costruisce a partire dal più piccolo e semplice nucleo della società: una famiglia molto imperfetta e per questo molto super-umana. 

La lettura di questo volume è stata sicuramente una dell'esperienze più intense di questi miei ultimi anni. La storia non è ancora conclusa quindi speriamo nel secondo volume. E speriamo il prima possibile...
Intanto saluti e alla prossima!

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