La città incantata - una piccola recensione
L'iniziazione subita dalla ragazza e avvenuta all'arrivo della sera coincide con l'ingresso nel mondo spirituale. Chihiro, costretta a mangiare del cibo spirituale per rimanere connessa a quel mondo e non scomparire, non riesce a comprendere nulla di ciò che accade intorno a lei ma l’istinto di sopravvivenza la porta a seguire quelle poche direttive che le sono state date.
La tematica dell'esistere, dell'affermarsi al di là delle difficoltà prende corpo lungo tutto lo snodarsi delle prove della ragazza. Le nuove apparenze e lo svelarsi dei volti di ognuno fanno comprendere meglio sè stessi ai protagonisti della vicenda e li riposizionano meglio nel loro mondo. Il senza volto e la sua brama di soddisfare i suoi desideri conosce pace nel lavoro con la nonna, Hacù ritrova la memoria ricomponendo così il suo corpo da drago a ragazzino. In tutto questo fà da catalizzatore Chihiro, che a sua volta matura responsabilmente.
Per ultimo, vi è il suo malinconico viaggio verso la palude. Le ombre che si scorgono sono la più perfetta rappresentazione dello svolgersi delle apparenze intorno a noi, di uomini e donne che lambiscono a malapena la nostra vita senza intercettarci. Eppure la bambina che rimane sulla banchina del treno, ci guarda tanto da attrarre più che fugacemente la nostra attenzione.
La strada ferrata immersa nel mare infinito ci rimanda a un significato ultimo esistente ma così lontano da essere invisibile. Eppure per tutto il tempo in cui Chihiro rimane nella terra dello spirito, questo collegamento con l'infinito permane, funge da sfondo ma anche da rimando alla prospettiva di senso di cui la ragazza, pian piano, prende coscienza.
Il finale, apparentemente forzato in una soluzione tanto improvvisa quanto approssimata, non nega l’avvenuta maturazione di Chihiro. L’ultima richiesta di Hacu è la vera prova finale.
Chihiro non si volta e entra così da adulta nella vita.
Commenti